Il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

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Uno sguardo ravvicinato alle strategie nel tiebreak

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Pubblicato il 17 gennaio 2019 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// In teoria, i tiebreak sono il proscenio per grandi doti al servizio, una circostanza del gioco in cui il talento limita le occasioni per un break e spinge il punteggio sul 6-6. Non importa come ci si arrivi, durante il tiebreak le cose non vanno sempre nella direzione del servizio.

Bastano due esempi dal secondo turno degli Australian Open 2019. La partita di Roger Federer contro Daniel Evans è iniziata con dodici servizi tenuti di fila, e la minaccia di una sola palla break. Poi però ne tiebreak, vinto da Federer 7-5, il giocatore alla risposta ha fatto 9 punti su 12.

In un campo defilato e di fronte a molti meno spettatori, Thomas Fabbiano e Reilly Opelka sono andati al super-tiebreak del quinto set. In 52 game e 319 punti, Opelka ha servito 67 ace. Gli scambi non sono andati oltre i 2.9 colpi di media. Nel tiebreak decisivo, Opelka non ha fatto ace, Fabbiano ha risposto a tutti i servizi tranne uno e la media è salita a 5.5 colpi.

Nelle mie analisi sul tiebreak di ormai diversi anni fa, ho trovato che il vantaggio posseduto sul servizio svanisce. I giocatori alla risposta vincono più punti nel tiebreak che in altri momenti del set. Non è un effetto marcato, quasi una diminuzione del 6% nella percentuale di punti vinti al servizio, probabilmente dovuto al fatto che viene dato sempre il massimo nel tiebreak, a differenza dei giocatori deboli alla risposta su un punteggio come 40-0 a metà del set.

Senza dubbio le due partite rappresentano degli estremi. L’eventuale sofferenza di un giocatore al servizio in un tiebreak tipico non sconvolge il tennis in quanto sport. L’effetto però merita analisi approfondita.

Isner non è l’unico conservatore

Iniziamo da qualche tendenza generale. Nelle partite maschili dal 2010 al 2019 del Match Charting Project, ho trovato 831 tiebreak con dati punto per punto. Per ogni set terminato al tiebreak, ho conteggiato diverse statistiche per i punti nel tiebreak e quelli nel resto de set. Per ogni statistica, ho calcolato l’indice nel singolo set, e poi ho aggregato gli 831 tiebreak per ottenere dei numeri a livello di circuito.

Ecco cosa accade per le statistiche nei tiebreak:

  • Punti vinti al servizio: -6.5%
  • Ace: -6.1%
  • Prime di servizio valide: +1.3%
  • Risposte in gioco: +8.5%
  • Lunghezza degli scambi: +18.9%

(Nota tecnica: nell’aggregazione degli indici, ho ponderato per il numero di punti in ciascun tiebreak, ma fino a un massimo di 11. Tiebreak più lunghi tendono a essere quelli in cui il giocatore al servizio è più forte, come quello maratona terminato 17-15 nel primo set tra Fabbiano e Opelka. Se fossero ponderati per l’effettiva durata, i risultati verrebbero distorti a favore delle prestazioni al servizio migliori.)

A giudicare dall’aumento delle prime di servizio in campo, sembra che i giocatori al servizio siano più conservativi nei tiebreak. La significativa diminuzione degli ace e l’ancora maggiore incremento delle risposte in gioco forniscono ulteriore prova.

Un’alta concentrazione alla risposta può evitare qualche ace, ma non molti, e non si riesce a trasformarne poi così tanti in risposte in gioco. Un aumento di quasi il 20% nella lunghezza degli scambi può essere spiegato in parte dalla diminuzione degli ace (gli scambi da un colpo vengono rimpiazzati da scambi a più colpi). Ma la grandezza dell’effetto suggerisce un atteggiamento più conservativo sia al servizio che alla risposta.

Qualche altra riflessione

Non tutti gestiscono il tiebreak allo stesso modo. Molti, tra cui Federer, servono con la stessa efficacia anche in quelle situazioni ad alta pressione. Altri, come Rafael Nadal, sembrano risultare più conservativi, ma compensano facendo incetta di servizi meno incisivi degli avversari. Un terzo gruppo, come Ivo Karlovic che non si può non citare quando si parla di tiebreak, ha un rendimento inferiore in entrambe le situazioni di gioco.

La tabella elenca i venti giocatori con il maggior numero di tiebreak nelle partite del Match Charting Project dal 2010. Per ciascuno di essi, è mostrato il confronto tra frequenza di punti vinti al servizio (PVS) e punti vinti alla risposta (PVR) nel tiebreak e negli altri game.

Ad esempio Jo Wilfried Tsonga vince il 5.4% di punti al servizio in più durante il tiebreak che nei game regolari, rispetto alla variazione media del 6.5% nella direzione opposta. Ma la sua frequenza di punti vinti alla risposta scende del 3.4%, mentre il giocatore tipico la aumenta del 6.5%.

Giocatore           PVS     PVR   
Tsonga 5.4% -3.4%
Federer 0.4% 3.2%
Wawrinka -0.1% 4.2%
Isner -0.6% 6.4%
Djokovic -0.8% 11.8%
Murray -2.2% 8.7%
A. Zverev -2.7% 18.7%
Del Potro -3.3% 5.3%
Kyrgios -4.1% 10.5%
Thiem -4.6% 12.1%
---MEDIA ATP--- -6.5% 6.5%
Anderson -7.1% 8.9%
Simon -8.0% 16.3%
Berdych -8.4% 6.8%
Raonic -9.2% 9.1%
Nadal -9.4% 13.6%
Cilic -10.2% 5.8%
Tomic -11.3% 4.5%
Karlovic -12.6% -0.9%
Dimitrov -13.8% 5.1%
Khachanov -25.1% -5.4%

Per la maggior parte dei giocatori, l’obiettivo sembra quello di vincere un numero sufficiente di punti aggiuntivi alla risposta in modo da controbilanciare la perdita di quelli al servizio. Nadal è l’esempio più estremo, vincendo quasi il 10% di punti al servizio in meno del solito, infliggendo però un danno superiore agli avversari.

Alexander Zverev è il più impressionante del gruppo. Il suo servizio scende di poco, ma si trasforma alla risposta in un giocatore tipo Nadal. Non è un caso quindi che il suo record nei tiebreak sia stellare, con una percentuale di vittorie molto superiore alle attese. È da vedere se riuscirà a mantenere numeri così sbalorditivi.

Una strategia vincente

Un articolo come questo terminerebbe idealmente con una raccomandazione da parte mia. Qualcosa come: “analizzando varie metodologie, sulla base di questi numeri, possiamo dire con sicurezza che i giocatori dovrebbero…”.

Non è così semplice. Già è difficile identificare i giocatori più virtuosi nel tiebreak, ancora più complicato capire le ragioni. Come ho già scritto molte volte in passato, i risultati nel tiebreak sono strettamente correlati alla bravura complessiva e non a prodezze al servizio o alla capacità di predominio nei momenti chiave.

In qualsiasi stagione, alcuni giocatori sono in grado di accumulare un record incredibile nei tiebreak, ma raramente al successo in un anno ne corrisponde uno nell’anno successivo. In più riprese in passato ho fatto vedere come Federer, Isner, Nadal e Andy Murray sono giocatori costantemente abili nel fare meglio delle previsioni e superare le aspettative nei tiebreak. Ma anche loro non sempre ci riescono. Isner ad esempio, l’uomo copertina dei trionfi al tiebreak, ne ha vinti pochi di più di quanto ci si attendesse sia nel 2016 che nel 2018.

Vediamo comunque i risultati di questi quattro giocatori in relazione ai dati punto per punto che ho condiviso in precedenza. Federer, Isner e Murray sono parte di quella minoranza che serve più ace nel tiebreak che negli altri game del set.

Non significa però che sono necessariamente più offensivi. Dei tre, solo Federer serve meno prime del solito. Isner riesce a ridurre il numero delle risposte in gioco del 10% rispetto a situazioni di non tiebreak, Federer e Murray non ci riescono. Nadal si comporta in modo completamente diverso, servendo il 6% di prime in più ma facendo a malapena la metà degli ace che nel resto dei game.

In altre parole, non esiste una sola combinazione per il successo. Federer e Isner mantengono il loro livello superlativo di servizio e si avvantaggiano della tensione degli avversari o di tattiche conservative (in precedenza ho suggerito che la differenza nella percentuale di punti vinti al servizio arriva da giocatori come Isner che sono in grado di alzare il rendimento alla risposta in momenti di maggiore pressione. Lui ci riesce, ma non più del giocatore medio). Nadal fa leva sul suo punto di forza, imponendo all’avversario più scambi al servizio e alla risposta.

Potrebbe esistere una qualità che accomuna questi quattro giocatori (come la concentrazione), ma qui non ne troveremo traccia. ◼︎

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