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Alexander Bublik e l’inutilità alla risposta

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Pubblicato l’1 marzo 2021 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// Nella recente finale del torneo di Singapore, Alexander Bublik ha vinto sei punti alla risposta. Avete letto bene, non è un refuso. Sui 52 punti al servizio giocati da Alexei Popyrin, significa una percentuale di vittoria dell’11.6%. Il termine tecnico per questo livello di prestazione è…pessima.

Bublik è riuscito però in qualche modo a concentrare quattro di quei punti nel quinto game e fare il break (grazie anche a un doppio fallo di Popyrin). Ancora più surreale, è stato l’unico break del set di apertura, che ha permesso a Bublik di vincerlo e portarsi a metà strada per il titolo. Ahinoi, Bublik si è prodigato per aumentare l’inutilità vincendo, di li in avanti, un solo punto alla risposta. Popyrin ne ha approfittato per rimontare e conquistare il suo primo titolo.

Aberrazioni statistiche di questo tipo portano solitamente a tre domande: qual è la probabilità? È mai successo prima? Possiamo trarre qualche lezione da questa assurdità?

Qual è la probabilità?

Se Bublik avesse esattamente l’11.6% di probabilità di vincere ogni punto alla risposta, potrebbe fare il break in un qualsiasi game lo 0.26% delle volte, cioè 1 su 384. Nella realtà, la probabilità è maggiore, perché chi serve non è una macchina da servizi. È presumibile cioè che l’efficacia di Popyrin sia scesa. In ogni caso, se teniamo valido lo 0.26%, la probabilità di Bublik di fare il break almeno una volta in una partita di 22 game era inferiore al 3%. Ma forse non serve un numero preciso per rendersi conto che, vincendo sei punti alla risposta in tutta la partita, la probabilità di fare il break non è così alta.

È mai successo prima?

Dipende da cosa si intende per prima. Nei 30 anni di partite del circuito maggiore di cui abbiamo statistiche come punti vinti alla risposta e break realizzati, non era mai successo che un giocatore facesse il break e vincesse il set con non più di sei punti vinti alla risposta. È abbastanza comune per un giocatore avere una giornata negativa alla risposta, o affrontare un giocatore al servizio davvero in palla quel giorno. In media, ci sono circa 30 partite completate del circuito maggiore in cui il giocatore che perde vince non più di sei punti alla risposta. Di quelle poco più di 900 partite, le statistiche ufficiali dicono che chi ha perso ha fatto il break solo sette volte (voglio sottolineare “ufficiali” perché le statistiche ATP hanno errori, e circostanze estreme come questa li fanno emergere. Un semplice errore di raccolta dati può fare di una partita normale una in cui c’è stato un record).

La partita più recente come quella di cui stiamo parlando è del 2010, quando nel primo turno di Bucharest contro Filippo Volandri, Lukasz Kubot ha concentrato gli sforzi in un unico game alla risposta. Tutte le partite di questo elenco sono stati primi turni tranne un quarto di finale nel 1995 al torneo di Tokyo Indoors, quando Alexander Volkov riuscì a fare il break a Michael Chang pur vincendo quei pochi punti. Ogni partita con non più di sei punti vinti alla risposta è stata una sconfitta senza vincere un set, fino a che non è arrivato Bublik. Tranne che…è possibile vincere non più di sei punti alla risposta e vincere un set senza fare break. In realtà, in via teorica, è possibile vincere una partita anche avendo conquistato solo due punti alla risposta, se si sceglie di vincerli nel tiebreak e non perdere mai il servizio. Così ha fatto Reilly Opelka a Basilea nel 2019 contro Cristian Garin (anche se ha vinto sei punti e non due). Garin ha vinto 63 punti al servizio su 69, ma ha perso 7-6(5) 7-6(10). L’impresa di Bublik non ha raggiunto questo livello di stranezza, ma sul podio dell’inutilità alla risposta, si piazza al secondo posto.

Possiamo trarre qualche lezione da questa assurdità?

Bublik è un giocatore di talento, non così tanto alla risposta. Era la sua terza finale in carriera sul circuito maggiore (escludendo il ritiro dopo due game nella finale di Antalya a gennaio), e la frequenza di punti vinti in quelle partite è del 26.7%, 18.9% e ora 11.6%. Non c’è da sorprendersi se deve ancora vincere il primo torneo. E servire dal basso, pratica per cui Bublik è diventato famoso, non sembra tradursi in alcun vantaggio segreto alla risposta.

Ha vinto il 35.6% dei punti alla risposta nelle ultime 52 settimane, un miglioramento rispetto al 34.1% del 2019, ma al 42esimo posto tra i primi 50 della classifica attuale. Se continua a mantenere potenza al servizio, è avviato verso una carriera alla John Isner, magari trascorrendo molto tempo tra i primi 20 e con qualche incursione nei primi 10. Per passare di livello però, Bublik avrà bisogno di rispondere molto meglio. Qualche anno fa, avevo approfondito la questione analizzando la “soglia minima di game alla risposta” per un giocatore di vertice. Mi interessava di quel periodo capire quale possibilità avesse Nick Kyrgios di arrivare in alto nonostante la sua dose di inutilità alla risposta. Nei venticinque anni tra il 1991 e il 2015, quando ho scritto quell’articolo, solo quattro giocatori avevano terminato una stagione tra i primi cinque vincendo meno del 37% dei punti alla risposta, e due di loro superavano la soglia minima di appena un punto percentuale.

Kyrgios non era a quel livello allora, e non lo è nemmeno adesso. Bublik è più vicino, ma sempre dalla parte sbagliata. Con un po’ di ottimismo, si può richiamare la relativa giovane età, farà 24 anni a giugno, e confidare nella sua crescita. Naturalmente è una possibilità, però la storia non gli è favorevole, perché la mancanza di miglioramento, come nel caso di Kyrgios, è più tipica di quel gruppo di giocatori. Chi è mediocre alla risposta è in grado di acquisire bravura e perfezionare le strategie, ma più ci riesce più si troverà contro avversari forti, che limiteranno le sue statistiche.

Se c’è un aspetto positivo per Bublik dalla finale di Singapore è che è riuscito a raggruppare i punti vinti alla risposta nella stessa fase di gioco. Kyrgios ottiene risultati migliori della sua media concentrando momenti di grandezza nei punti a maggior leva. Bublik mostra segnali di un comportamento simile, quindi dovesse iniziare a vincere più di sei punti alla risposta, potrebbe trarne un vantaggio non indifferente. Almeno, così dice la teoria. ◼︎

Alexander Bublik and Return of Serve Futility

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