Pubblicato il 12 dicembre 2025 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
// Ho scritto di recente del declino della specializzazione nel circuito maschile, sostenendo che ci sono più giocatori a tutto tondo di una volta perché, con l’aumentare del livello complessivo, essere macchine da servizio o ‘pallettari’ monodimensionali ha un valore marginale inferiore. Alcuni hanno commentato e, sintetizzando con un abbozzo di parafrasi, il messaggio è stato: è la superficie, stupido.
Tutti sembrano essere d’accordo che, a un certo punto tra la forma massima di Pete Sampras e quella di Novak Djokovic, si è verificata una convergenza della velocità di superficie. I campi in cemento sono diventati più lenti, così come alcuni di quelli in erba. Il servizio e volée è praticamente scomparso e ha preso piede lo scambio da fondo prolungato e sostenuto. L’unico argomento sui cui interrogarsi pare essere il motivo: si è trattato di un complotto per dare ai tifosi (a esclusione di chi se ne lamenta) quello che volevano? Sono le palline, le racchette, le corde? Sono sempre stato scettico sul complottismo. Più in generale, sono stato, e sono ancora, scettico su un cambiamento così radicale delle condizioni di gioco. Solo perché c’è una credenza diffusa in merito a qualcosa — e anche se a esprimersi sono giocatori di vertice o commentatori rispettati da chiunque — non significa che sia necessariamente vera. I dati storici mostrano che gli stili sono cambiati, ma è molto più difficile raccogliere prove che le superfici stesse siano significativamente diverse di quanto non lo fossero venti o trenta anni fa.
Un veloce sommario
Mi sono già cimentato sul tema:
- nel 2013, con ‘La convergenza tra la velocità delle superfici: un’illusione’, in cui ho confrontato la frequenza di ace e la frequenza di break sul cemento e sulla terra per coppie di giocatori, per il periodo tra il 1991 e il 2012, trovando che la differenza tra cemento e terra era, tra tutto, aumentata, nonostante la saggezza popolare sulla convergenza fosse a pieno regime;
- nel 2016, con ‘L’erba sta diventando più lenta: un altro sguardo alla convergenza tra la velocità delle superfici’, che avrei dovuto intitolare in un altro modo, perché non ho mostrato che l’erba era diventata più lenta, ma che la lunghezza degli scambi a Wimbledon (e in parte anche sul cemento degli Slam) si stava allineando a quella del Roland Garros. Per la prima volta utilizzavo i dati del Match Charting Project, quindi la lunghezza dello scambio invece che la frequenza di ace o break. Avevo a disposizione però solo dati limitati, e il risultato finale era eccessivamente dipendente dai giocatori del campione;
- nel 2023, con ‘Una rivisitazione della convergenza tra la velocità delle superfici’, in cui con più dati del Match Charting Project a disposizione, ho costruito un semplice modello di quanto la superficie incida sulla lunghezza dello scambio, e come l’effetto sia cambiato nel corso del tempo. In assenza di una limitazione di campione, ho evidenziato come, in entrambi i circuiti, la lunghezza dello scambio è meno dipendente dalla velocità della superficie.
Scegliete la statistica che volete
Ecco una semplificazione massima: se si guarda alla frequenza di ace, non c’è segnale di convergenza di superfici, se si guarda alla lunghezza dello scambio, allora la si trova. Non volendo basare la prima conclusione solo su un mini studio del 2013, ho raccolto nuovo materiale. Le mie classifiche di velocità di superficie si basano esclusivamente sulla frequenza di ace. Originariamente, così era perché mancavano statistiche migliori anche su epoche passate, mentre la frequenza di ace per le partite maschili è disponibile fino al 1991. Pur non essendo completo, il Match Charting Project è in continua espansione, e classifiche basate sula frequenza di ace hanno sempre dato idea di fotografare la differenza di velocità in modo esaustivo. Resta del rumore di fondo, perché non ci sono tutte le partite di tutti i tornei ogni anno. In generale però si riesce a capire cosa sta succedendo con ottima approssimazione. Il problema è che sono indicizzate alla media di ciascun anno. Il valore per l’edizione di Wimbledon 1991 è 1.20, cioè che, controllando per il mix di giocatori, c’è stato il 20% in più di ace rispetto a un torneo medio del 1991. Il valore di Wimbledon 2025 è stato 1.12, vale a dire il 12% di ace della media del 2025. Si tratta delle stesse medie?
È una domanda che apre a un piccolo esperimento. Invece di indicizzare sulla media di un singolo anno, perché non prendiamo due anni alla volta? L’insieme dei giocatori era quasi identico tra il 1991 e il 1992, quindi il confronto è fattibile. Viene fuori che, da un anno all’altro, il valore della velocità di superficie di Wimbledon misurato con la frequenza di ace è sceso da 1.20 a 1.06. Spesso è il caso a intervenire, magari però si riesce a identificare una tendenza di lungo periodo a sostegno della tesi. Prendendo due anni alla volta — 1991 e 1992, 1993 e 1994 e così via fino a 2024 e 2025 — riusciamo a fare gli stessi confronti per l’intero calendario per un intervallo di 35 anni. E, in quel periodo, la frequenza di ace è salita di un bel po’, non solamente perché giocatori più forti al servizio hanno rimpiazzato giocatori meno bravi. In media, lo stesso gruppo di battitori (contro lo stesso gruppo di chi era alla risposta, anche se l’effetto alla risposta è molto più piccolo) ha aumentato la frequenza di ace di circa il 2% annuo, non abbastanza da farsi notare in corso d’opera, ma abbastanza da far salire la media di ace da meno del 7% nel 1991 a poco più del 10% di oggi. Parte della differenza dipende dalla composizione dei tornei e da una stagione sulla terra più corta, anche se la stessa analisi su 15 tornei rimasti inalterati dal 1991 mostra un aumento dell’1.6% annuo, sempre controllando per i giocatori. Cosa ne è della convergenza, presa letteralmente? I tornei più veloci sono diventati più lenti e viceversa? NO! La varianza tra velocità di superficie è quasi la stessa nel 2024-2025 che nel 1991-1992. Un esempio: la media biennale di Wimbledon era 1.13, quella del Monte Carlo Masters 0.58. Negli ultimi due anni, il valore di Wimbledon è stato 1.14, quello di Monte Carlo 0.57.
Devono essere le corde…
Come si riconcilia il fatto che la frequenza di ace è stabilmente salita, così come è aumentata la lunghezza degli scambi? Mettendo da parte misurazioni da laboratorio (come il Court Pace Index o il Court Pace Ratings, per cui non abbiamo comunque dati sufficientemente storici), la modalità più diretta per misurare la velocità di superficie è la frequenza di ace. Un campo lento mantiene la pallina più a lungo sul terreno e ne rallenta la rimanente traiettoria. La risposta sta tutta nel tempo di reazione e la frequenza di ace ci dice se il giocatore alla risposta è riuscito a intercettare la pallina. Ecco perché ci sono, immancabilmente, più ace sul cemento e sull’erba che sulla terra, e su campi in cemento o sintetico più rapidi rispetto a quelli più lenti. Può essere anche che i giocatori siano diventati più forti e la tattica al servizio meno prevedibile, che le racchette e/o la tecnologia nelle corde consentano di mandare il servizio più spesso in angolo. Probabilmente sono tutte condizioni vere, e quindi il 2% annuo medio va a sovrastimare il cambiamento della velocità di superficie. L’aumento di ace potrebbe essere attribuibile integralmente a preparazione e tecnologia. Se si vuole invece sostenere che c’è stato un rallentamento, si fa molto dura allora spiegare come mai gli ace si siano mossi così tanto nella direzione opposta.
La tendenza sulla lunghezza dello scambio è più semplice da spiegare. A differenza della frequenza di ace, il numero di colpi nello scambio non dipende solo da come la pallina interagisce con la superficie, ma dalla tattica e dall’effetto. E, a dire il vero, sulla tattica incide grandemente l’effetto, che a sua volta conduce alle corde in poliestere. Sono le corde in poliestere a consentire in misura sostanziale le moderne rotazioni impresse alla pallina. Il punto di svolta più noto è la vittoria di Gustavo Kuerten al Roland Garros 1997, il primo Slam vinto con una racchetta incordata con Luxilon. C’era voluto qualche anno prima che tutti adottassero la nuova tecnologia, però questo aveva poi di fatto decretato la fine del servizio e volée, perché si riusciva a rispondere sui piedi del giocatore nei dintorni della rete. Tutta quella rotazione rendeva anche più complicato andare a rete, perché i colpi da fondo erano diventati molto più efficaci e serviva ancora più campo per riuscire a gestirli con relativa comodità. Nel mio profilo di Lleyton Hewitt per I 128 del tennis, ho mostrato come sia stato lui a costringere Roger Federer a lasciar perdere del tutto il servizio e volée. Era il 2002-2005, ma se non fosse stato per Hewitt, ci avrebbe pensato qualcun altro, o forse tutti gli altri. Meno servizio a rete, colpi da fondo più conservativi, meno discese a rete complessive…generano scambi più lunghi, non importa quale sia la modifica di velocità della superficie.
…e la giovinezza
Voglio riproporvi il grafico che ho usato nell’ultimo articolo. Generalmente inteso, mostra la correlazione tra la bravura al servizio e quella alla risposta. Numeri più alti (e più vicini allo zero) indicano una connessione più ravvicinata, cioè, in termini tennistici, più giocatori a tutto tondo.
IMMAGINE 1 – Correlazione tra classifica al servizio e alla risposta dal 1991 al 2025

Su X qualcuno ha chiesto, a ragione, il perché del picco tra il 2008-2010. Sono dati non pulitissimi, ma una plausibile interpretazione sta nella presenza di due segmenti temporali distinti. Fino al 2005, la maggior parte delle osservazioni sono tra -0.4 e -0.5, con qualche presenza da entrambi i lati della linea. Dopo, la linea raramente scende sotto -0.3 (anche se c’è qualche spiegazione da dare per il 2013-2016). Sulla base di questa lettura, il 2008-2010 non è un picco solitario, ma il consolidamento di una nuova era. Cos’altro stava succedendo nel 2008-2010? Djokovic vinceva il primo Slam e Rafael Nadal si ergeva a dominatore a tutto campo. In breve, è il periodo in cui si è iniziato a parlare di convergenza della velocità di superficie. Forse non è del tutto una coincidenza. Ma perché proprio allora? Beh, nella primavera del 1997 il mondo del tennis aveva iniziato a rendersi conto che le corde in poliestere non erano solamente un tentativo secondario maldestro di un’azienda impegnata nella produzione di spalline per reggiseni. I giocatori con un occhio al futuro avevano sposato il cambiamento. Quando Kuerten aveva vinto, Nadal aveva undici anni e Djokovic dieci.
Curva di apprendimento
Il tennis a livello professionistico è tosto. I giocatori amano l’attrezzatura a cui sono abituati. Federer ha impiegato molte stagioni prima di lasciare a casa la racchetta da 90 sq. in., mentre Sampras non si è mai disfatto di quella da 85. Nel momento in cui un professionista finalmente si decide, è raro che i vantaggi siano subito concreti, anzi, potrebbe anche tradursi in un temporaneo peggioramento. Il beneficio assoluto lo ottiene chi nasce già circondato da tecnologia. Pur di fronte ai successi di Kuerten con le corde in Luxilon, non sarebbe mai riuscito a sfruttare completamente la nuova tecnologia e gli schemi tattici adottabili. Se una certa combinazione di racchetta e corde è quella ottimale, il giocatore che ottiene di più è quello che ci costruisce intorno il proprio gioco. Non so se l’età critica è 8, 11 o 14 (forse ha aiutato che Federer sia esploso più tardi), certamente non è 20 o 25. Diamo uno sguardo al grafico sulla lunghezza dello scambio (basato sulle finali Slam) dall’articolo del 2016.
IMMAGINE 2 – Lunghezza degli scambi nelle finali maschili Slam per il periodo 1985-2015, media mobile

*poiché alcune partite non sono disponibili, le medie mobili di 5 anni rappresentano ciascuna una media da 2 a 5 finali Slam.
Wimbledon è passato da un punto di minimo del 1998-2001 a un livello completamente differente nel 2006-2008, e non è una coincidenza. Il grafico si riferisce a pochi giocatori, quelli che sono arrivati a una finale Slam, ma dai primi anni 2000 una nuova generazione di madrelingua del poliestere come appunto Djokovic, Nadal, Andy Murray, David Nalbandian, Tomas Berdych, David Ferrer, Gael Monfils ha preso in mano la scena. Niente di questo richiede una modifica nella velocità della superficie. Forse appassionati e direttori dei tornei volevano scambi più lunghi, o forse no. Avrebbero comunque avuto un tennis fatto di scambi da fondo, a prescindere. C’è stata un convergenza di stili di gioco perché strategie basate su colpi così carichi di effetto funzionano su ogni superficie con una penetrazione che nessun altro stile aveva in precedenza ottenuto. Gli scambi si sono allungati perché i giocatori che cercavano di accorciarli erano sempre più a disagio davanti, sbagliando demi-volée in rete o facendosi superare da passanti imprendibili. La superficie ha finito per rappresentare il capro espiatorio di una nuova era, ma non ne è stata la causa. ◼︎

