Il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

Probabilmente il più grande ARCHIVIO italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

Del declino degli specialisti (o dell’asticella che sale)

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Pubblicato l’1 dicembre 2025 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// Forse non vi è sfuggito che nel 2025 Jannik Sinner ha fatto qualcosa di assolutamente inedito: per la prima volta da quando, nel 1991, si è iniziato a raccogliere statistiche, ha ottenuto la miglior percentuale di punti vinti del circuito al servizio e alla risposta. C’è una precisazione da fare, cioè che Sinner ha saltato buona parte della stagione sulla terra battuta, dove i suoi numeri, rispetto a quelli degli altri, sarebbero potuti peggiorare. In ogni caso, è un risultato incredibile, che solo pochi altri hanno sfiorato. Nel 2023, Novak Djokovic è stato primo per punti al servizio e terzo nei break, mentre nel 1999 Andre Agassi ha fatto il contrario. Ancora Agassi nel 1995 si è piazzato terzo in entrambe le categorie. Quelli che sono entrati nei primi cinque contemporaneamente si contano sulle dita di una mano, e principalmente sono i membri del magnifico terzetto dei Grandi Tre.

Dietro a questo approccio di analisi c’è Alex Gruskin, il deus ex machina di Cracked Racquets, a cui piace parlare di quello che definisce il club dei “primi 10, primi 15, primi 20 e primi 25” in percentuale di servizi tenuti e break strappati. È un modo intelligente per identificare immediatamente i migliori a tutto tondo del circuito. I “primi 25” può non suonare granché ma per la stagione appena finita solo in nove ci sono riusciti, e farlo è quasi una garanzia di finire tra i primi 10 della classifica. Infatti solo Casper Ruud (numero 12) e Grigor Dimitrov (infortunato da Wimbledon) sono stati tra i primi 25 senza terminare l’anno anche tra i primi 10 ATP. Sinner, quindi, è su un altro pianeta, e la maggior parte è fortunata a entrare tra i primi 10 almeno in una categoria, ancor più in due. Detto questo, il numero di mega stelle al servizio e alla risposta è in lento aumento. In tre, Sinner, Djokovic e Carlos Alcaraz, sono entrati nel club dei primi 10. Jack Draper lo ha mancato per un soffio, finendo undicesimo nella percentuale di break. Se si esclude la stagione 2020 del Covid, è solo la quinta volta dal 1991 che in tre si sono qualificati, e tranne per una stagione le altre sono arrivate dopo il 2019. Il numero più frequente di giocatori nei primi 10 del club in entrambe le categorie è uno, e tre volte negli anni ’90 non c’e stato nemmeno un giocatore. L’andamento rimane uguale a prescindere dal tipo di club: nel 2023 sono stati in nove nel club dei primi 20, il più alto numero di sempre. Per i primi tredici anni di statistiche ATP, in media per ogni stagione ci sono stati meno giocatori tra i primi 25. Lo si nota ancora più chiaramente se si prende in considerazione un numero specifico: per ogni stagione dal 1991, ho trovato posizionamento in termini di servizi tenuti e break dei primi 50 della classifica finale. Il grafico dell’immagine 1 mostra la correlazione tra le due dimensioni per ogni anno.

IMMAGINE 1 – Correlazione tra classifica al servizio e alla risposta dal 1991 al 2025

Una correlazione zero significa che non esiste rapporto alcuno tra la classifica di un giocatore nei servizi tenuti e quella nei break strappati all’avversario. Una correlazione negativa significa che se un giocatore ha una classifica alta al servizio, è più probabile che ne abbia una più bassa alla risposta. Naturalmente, è una questione di misura. Nel corso degli anni, la proporzionalità inversa tra l’abilità al servizio e alla risposta si è ridotta. Si è arrivati all’apice della completezza nel 2010 e sembra che ora si sia ritornati a quel livello.

Perché?

Qui si fa interessante (e ammetto con una buona dose di ipotesi). Nello sport (e in generale nell’economia) la specializzazione tende a crescere nel tempo. Oggigiorno raramente troviamo atleti multi-funzionali. Una volta i giocatori di football americano erano attivi sia in attacco che in difesa, ora ci sono gli specialisti ad alternarsi. Le squadre di baseball riuscivano a gestire una stagione intera con pochi lanciatori, mentre ora possono servirne altrettanti in una sola partita, con peculiarità per battitori destri, mancini o per le fasi finali della partita. Così è stato anche per il tennis, grossomodo. Probabilmente non è mai esistito uno al servizio più forte di John Isner, o uno alla risposta più forte di Djokovic. Tralasciando abilità che nell’epoca moderna sono cadute quasi in disuso (come il gioco a rete ad esempio), il massimo a disposizione in ogni singolo ambito è in mostra ora. Non intendo che Richard Gonzalez, Ken Rosewall o Ivan Lendl non avrebbero potuto fare meglio, solo non ne hanno avuto l’occasione. Lo sport attuale invita alla specializzazione sin da subito. L’intero ecosistema poi fornisce preparazione, allenamento e attrezzatura che in passato ci si poteva sognare. Isner si è fermato “solo” al numero 8 in classifica. Anche Diego Schwartzman, che nel periodo di massimo rendimento rivaleggiava con Djokovic come più brillante alla risposta, si è fermato al numero 8. Il motivo è noto, cioè nessuno dei due era molto forte nell’altra fase di gioco, almeno per gli standard richiesti dal professionismo. Nella NFL, metà del lavoro è assegnata a qualcun altro che è più forte in quel reparto. Alle olimpiadi, alla partenza dei 400 o 800 metri possono esserci atleti diversi. Nel tennis, Isner deve stare anche alla risposta e Schwartzman deve servire.

Lo sviluppo di un giocatore diventa quindi una sorta di problema di ottimizzazione. Si cerca la dotazione fisica più estrema e la si allena poi nella parte di talento non naturale fino a farla diventare adeguata? O si cerca il talento che sa fare tutto, anche se non servirà mai a 225 km/h? Non c’è una risposta ovvia, ma ci si sta muovendo nella direzione della seconda idea. Credo di riuscire a spiegarlo. In breve, nel servizio si è raggiunto il culmine. Si potrebbero costruire giocatori che arrivano a possedere un servizio più efficace di quelli di Sinner, Draper, Ben Shelton, Alexander Bublik e così via, che però tengono già il servizio l’85% delle volte, Anche Ruud o Alex de Minaur, con una prima più limitata, comunque arrivano a tenere il servizio quasi con la stessa frequenza. Può suonare come un ossimoro, ma abbiamo raggiunto rendimenti marginali decrementali, cioè un un giocatore potrebbe migliorare al servizio per salire di uno o due punti percentuali, ma a quale costo? In molti vorrebbero avere il servizio di Shelton, sarebbero però poi disposti ad accollarsi la sua risposta?

La specializzazione è in declino perché l’asticella continua ad alzarsi. Una generazione fa, un giocatore di talento con un servizio mostruoso o un rovescio da mago sarebbe potuto arrivare fino ai primi 20 della classifica perché in pochi potevano fermarlo. Adesso, Reilly Opelka può servire 30 ace o perdere il servizio tre volte contro il numero 92 del mondo. Magari ci sono anche giocatori capaci di servire più forte di Opelka o Bublik, o di rispondere meglio di de Minaur. Se però non riescono a generare un livello minimo (e stabilmente in aumento) di bravura sulla loro parte più debole, sono destinati, al più, a stazionare sul circuito ITF. Anche questo aspetto ha paralleli con altri sport, praticamente ogni sport in cui un allenatore ha gli stessi giocatori a disposizione per l’attacco e la difesa. Nella NBA, la versatilità è ricompensata come mai prima. Nel baseball, è meno probabile che una squadra prenda un battitore scarso come difensore: perché usare un giocatore limitato quando uno quasi altrettanto bravo in battuta ti dà molto di più in difesa?

Pensateci: ci sono giocatori tra i primi 50 con un servizio scadente? Forse qualcuno dal Sud America e Corentin Moutet? Learner Tien deve ancora crescere per bene, ma abbiamo finito. Giocatori pessimi alla risposta? Sicuramente qualcuno, ma tanto quanto era debole Isner (o, che nessuno me ne voglia, Ivo Karlovic)? Quando Opelka si stava facendo largo in classifica, tutti si erano entusiasmati nel dire che il suo rovescio fosse di un’altra classe rispetto a di quello di Isner. Shelton non è completo, ma sa fare molte cose in campo e nessuno lo ritiene fuori posto. Per tutto il talento naturale e il duro allenamento, quest’anno è al 47esimo posto su 50 per percentuale di break ottenuti. In parte lo si deve al materiale. Racchette e corde attuali rendono possibile rispondere a più servizi in maniera controllata. Quei passanti al millimetro così frequenti? Un paio di generazioni fa erano poco più che preghiere lanciate con poca probabilità di ascolto. Lo sviluppo tecnico e tecnologico è di beneficio a chiunque, e forse fa più per ridurre la distanza tra chi possiede e chi possiede un po’ meno di quanto non faccia per aumentarla. Oltre a questo, siamo di fronte alla naturale espressione di uno sport il cui bacino di talenti è in continua espansione. L’iper-specializzazione non porta in cima, al punto che una bravura olistica è l’unica opzione. Con milioni di ragazzi che crescono guardando Alcaraz, l’asticella continuerà a salire in entrambi i fondamentali del tennis. ◼︎

The Decline of Specialization (Or, The Rising Floor)

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