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I 128 del tennis — #31, Gabriela Sabatini

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Pubblicato il 13 ottobre 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.

Gabriela Sabatini [ARG]
Data di nascita: 16 maggio 1970
Carriera: 1985-1996
Gioco: destrimane (rovescio a una mano)
Massima classifica WTA: 3 (27 febbraio 1989)
Massima valutazione Elo: 2418 (seconda nel 2004)
Slam in singolo: 1
Titoli WTA in singolo: 27

// Graf e Sabatini, Sabatini e Graf. Se nel 1985 o all’inizio del 1986 si fosse sentito fare uno di questi due nomi, probabilmente si sarebbe sentito parlare anche dell’altro. Tutti concordavano che Gabriela Sabatini e Steffi Graf erano il futuro del tennis femminile e nessuno aveva l’ardire di scegliere una sull’altra. A metà del 1985, Sabatini aveva da poco 15 anni e Graf 16. Si scommetteva che Sabatini avrebbe fatto strada più facilmente. Chris Evert, Martina Navratilova o anche altri meno noti come Ted Tinling e Pancho Segura consideravano Sabatini il talento più naturale. John Feinstein del Washington Post riportava l’opinione diffusa che Sabatini potesse combinare l’eleganza e la grazia di Evert con le abilità atletiche di Navratilova.

Sabatini non aveva buttato via un solo minuto per farsi spazio sul circuito maggiore. Al torneo di Hilton Head nel 1985, aveva battuto in sequenza tre delle prime 10 in Zina Garrison, Pam Shriver e Manuela Maleeva, prima di che Evert la battesse per 6-4 6-0 in finale, in una partita molto più equilibrata di quanto dicesse il punteggio. Al Roland Garros, due settimane dopo i 15 anni, era arrivata in semifinale, di nuovo sconfitta da Evert. Dopo il ritiro, avrebbe ammesso che da juniores era così timida da perdere di proposito per evitare di dover fare il discorso durante la premiazione. Eppure, quella tensione nervosa non si manifestava quando i suoi colpi così carichi di effetto le portavano una vittoria dietro l’altra. Patricio Apey, ex giocatore di Coppa Davis per il Cile e allenatore e manager di Sabatini, non la riteneva normale, bensì una ‘marziana’.

In quell’avvio di carriera, di fronte a domanda diretta qualche esperto avrebbe preferito Graf: Evert riteneva che probabilmente avesse più fame di vittoria e Tinling sottolineava la sua forza mentale (per quanto non tutti erano della fazione Graf, come Navratilova che diceva facesse cose strane in campo). Sabatini veniva additata principalmente di una seconda troppo morbida e di arrivare in riserva verso la fine delle partite. La superiorità di Graf non si era manifestata fino a prima della metà del 1986, però anche a quel punto Sabatini le era rimasta alle calcagna più a lungo di quasi tutte le altre inseguitrici. Graf aveva vinto i loro primi 11 scontri diretti, però Sabatini aveva forzato il terzo set in sette dei primi otto, e nella prima finale, Sabatini era arrivata a un punto dalla vittoria in due set. Dieci anni dopo, la questione non aveva più senso di esistere. Tra il 1985 e il 1995, Graf aveva vinto quasi tre partite su quattro di tutte quelle che avevano giocato, oltre a 22 Slam contro l’unico di Sabatini. Le sue statistiche migliori non sembrano poterle concedere a Sabatini un posto tra I 128 del tennis. Merita però rivedere la credenza popolare associata alle due giovani promesse perché ci ricorda come il tempismo di Sabatini sia stato per lei inopportuno in modo catastrofico. Nessuna ha dovuto sfidare Graf 40 volte!

La tesi a favore di Sabatini regge sulla formula argumentum ad propemodum, che tradotto dal latino vuol dire “dialettica del quasi”, una tecnica retorica antica che mi sono appena inventato. L’idea di base è: se A è quasi forte quanto B, e B è incredibilmente forte, allora anche A deve essere davvero forte. Non è il tipo di logica che cattura menti e cuori delle masse, ma siamo in obbligo di farci condurre dai fatti. Dà molta più gratificazione dire che una giocatrice è grande perché ha vinto tutti gli Slam, dominato le rivali e ispirato schiere di bambine e di adolescenti ovunque. Il problema è che non esistono così tante giocatrici di tutti i tempi che rispondono alla descrizione. Nell’ultimo secolo, un numero incredibilmente ridotto di mega stelle ha tenuto sotto scacco tutte le altre, quindi inevitabilmente in un elenco di 128 giocatrici e giocatori troveremo molti vincitori di un solo Slam e ancor più glorie che non ne hanno mai vinto uno. Ci sono stelle che sono riuscite a sfruttare una concorrenza debole e altre che hanno intaccato, per quanto brevemente, l’imperiosità di una di quelle leggende di tutte le galassie.

Sabatini rientra in questo secondo gruppo, è la regina delle “quasi”. Contro Graf, ha ottenuto 11 vittorie a fronte di 29 sconfitte, uno dei bilanci più favorevoli in assoluto. Già vi ho detto di come in realtà è più combattuta di quanto appaia, con tutte quelle partite iniziali andate al set decisivo. Anzi, solo 15 vittorie di Graf su 29 sono state in due set. Uno degli elementi principali alla base della grandezza di Sabatini — e il motivo per cui nelle massime valutazioni Elo è all’undicesimo posto di sempre tra le donne dall’era Open — è il periodo di gioco di quasi due anni dagli US Open 1990 ad aprile 1992. La tabella riepiloga il rendimento di Sabatini contro Graf in quei mesi.

Anno  Torneo               Turno  Vincitrice  Punteggio        
1990  US Open              F      Sabatini    6-2 7-6(4)   
1990  Zurigo               F      Graf        6-3 6-2      
1990  Worcester            F      Graf        7-6 6-3      
1990  Slims Championships  SF     Sabatini    6-4 6-4      
1991  Tokyo Pan Pacific    QF     Sabatini    4-6 6-4 7-6  
1991  Boca Raton           F      Sabatini    6-4 7-6      
1991  Key Biscayne         SF     Sabatini    0-6 7-6 6-1  
1991  Amelia Island        F      Sabatini    7-5 7-6      
1991  Wimbledon            F      Graf        6-4 3-6 8-6  
1992  Key Biscayne         SF     Sabatini    3-6 7-6 6-1  
1992  Amelia Island        F      Sabatini    6-2 1-6 6-3

Sono 8 per Sabatini, 3 per Graf, tra cui vittorie sul cemento, sulla terra, sul tappeto e a una quasi vittoria a due punti dal titolo di Wimbledon 1991. Per alcuni è facile trattare con sufficienza questa rivalità nella rivalità, del resto il 1990 di Graf era stato molto duro. Si era rotta la mano destra, aveva subito un intervento per un problema al naso e una causa per paternità nei confronti del padre aveva impazzato sui giornali tedeschi per mesi. Nulla che avesse aiutato Graf a mantenere concentrazione e forma. Di converso, Graf aveva avuto ottimi risultati contro tutte le altre. Da luglio 1990 alla semifinale del Roland Garros 1992, il record di Graf era stato di 132 vinte e 13 perse, cioè un eccellente 129-5 contro avversarie che non si chiamassero Sabatini. Solo altre tre l’avevano battuta, Navratilova, Arantxa Sanchez Vicario e Jana Novotna (per tre volte). Graf aveva raggiunto 20 finali vincendone 16. Chi aveva vinto le altre quattro? Sabatini. Monica Seles si era presa il numero 1 a marzo 1991, ma principalmente grazie all’attacco di Sabatini sul totale dei punti di Graf. Seles forse non ce l’avrebbe fatta da sola, almeno non così rapidamente: aveva giocato due volte contro Graf in quel periodo, perdendole entrambe. La discussione su quella sequenza di undici partite può diventare tortuosa: Sabatini si è fatta finalmente strada perché Graf era infortunata, distratta o semplicemente in fase negativa? O Graf sembrava più fragile perché Sabatini aveva raggiunto un altro livello? Il record di Graf di 129-5 contro tutte le altre fa propendere per la seconda interpretazione: nessuna è in grado di mantenere l’intoccabilità mostrata da Graf dal 1987 al 1989, in gran parte per il peso di quell’enorme bersaglio stampato sulla schiena. Graf ci è andata vicino, specialmente quando dall’altra parte della rete non c’era una giocatrice argentina.

La finale di Boca Raton 1988

Un aspetto è chiaro, cioè che Sabatini non ha mai considerato Graf insormontabile. E i suoi sforzi per detronizzare Graf non hanno ricevuto sufficiente riconoscimento, in parte perché non sono stati del tutto efficaci. E quando è accaduto, è arrivata Seles a impedire a Sabatini di mettere le mani sulla posizione numero 1. Un altro elemento di disturbo arrivava dal fatto che, per l’opinione pubblica, Sabatini era nota più per l’aspetto fisico che per il rovescio. Ted Tinling, che andava in estasi per stelline carismatiche già dai tempi di Suzanne Langlen, aveva detto: “Sabatini trasuda grande arroganza, e lo si vede nel modo in cui pone la testa. È quasi una divinità. Prese insieme, bellezza e arroganza formano una contraddizione. E penso che nessuno dovrebbe cercare di risolvere una contraddizione in una donna così bella. la si deve accettare così come è”. Può anche essere così, ma non ha senso parlarne ulteriormente.

Patricio Apey aveva preso una Sabatini dodicenne dal temperamento bizzoso fino a portarla tra le prime 10 cercando, nel frattempo, di proteggerla dalla pressione della fama internazionale e di evitare che andasse in esaurimento o soccombesse agli infortuni di troppo gioco che avevano interrotto la carriera di così tante giovani promettenti. E ci era abbondantemente riuscito, forse anche troppo bene. Arrivati al 1987, Sabatini desiderava un allenatore che la mettesse più a dura prova per farle compiere il passo successivo. Lo aveva trovato in Angel Gimenez, un ex giocatore spagnolo del circuito maggiore. Sotto la sua guida, Sabatini era riuscita a sviluppare muscolatura e resistenza per alimentare tattiche di gioco già improntate sulla scambio da fondo. Dopo un set molto lungo, le avversarie non potevano più affidarsi a una Sabatini priva di energie. Nei primi dodici mesi con Gimenez, il record nelle partite al set decisivo era stato di 11 vinte e 4 perse, e ben 10-0 contro le altre che non fossero Graf.

All’inizio del 1988, Sabatini finalmente raggiunge la sua nemesi. Come dimostra la finale di Boca Raton, tutto quell’allenamento paga. La partita si era avviata nel solito modo sfavorevole a Sabatini. Graf vince il primo set ed è al servizio nel secondo avanti 3-2. Qui però le risposte di Sabatini iniziano a forzare errori su errori e non solo si riprende il break, ma perde un solo game fino alla fine. Il punteggio di 2-6 6-3 6-1 non è un abbaglio temporaneo. Ad Amelia Island un mese dopo, Graf è avanti 3-0 nel set decisivo e ancora una volta Sabatini recupera e chiude 6-3 4-6 7-5. Graf era poi riuscita comunque ad alzare il livello nei momenti che contano, nelle vittorie al Roland Garros, agli US Open e alle Olimpiadi, ma Sabatini aveva scalfito l’armatura.

Il colpo grosso di Sabatini richiedeva però un altro cambio di strategia. Arrivati al 1990, i progressi con Gimenez si erano interrotti e alcuni pensavano che l’allenamento più fisico fosse andato troppo oltre. Sports Illustrated scriveva che Sabatini si muoveva come uno “scaricatore”. Alcune tattiche lasciavano un po’ a desiderare e ancora ogni tanto si perdeva in attenzione durante la partita. A giugno era entrato nella squadra Carlos Kirmayr, facendole ridurre il tempo in sala pesi a favore di maggior lavoro sul campo. Avevano studiato una strategia specifica per contrastare Graf, con colpi di approccio molto angolati che la forzassero a tirare il passante in corsa. Si fa presto a sovrastimare la portata di questo cambiamento tattico. Giornalisti e commentatori parlavano spesso di come Sabatini stesse imparando a fare il servizio e volée o di come si avvicinasse a rete con più sicurezza. Forse, ma non dimentichiamo che nella semifinale di Wimbledon 1986 aveva seguito a rete il servizio qualche decina di volte. In finale a New York contro Graf, una Sabatini più aggressiva era andata a rete 40 volte, ma solo dopo aver preparato con attenzione il terreno per chiudere la volée. In media, la lunghezza dello scambio era stata di quasi 10 colpi, a dire che nessuno l’avrebbe confusa con Boris Becker.

La finale degli US Open 1990

E comunque, il tennis rimane uno sport di margini infinitesimali. Anche con un pesante record sfavorevole, Sabatini non era mai stata troppo lontana. In semifinale, aveva recuperato da una situazione di svantaggio contro Mary Joe Fernandez. In finale, per la prima volta battere Graf diventa una questione rapida in due set. Il dritto di Graf, tipicamente autoritario, non è in grado di dettare il passo e Sabatini riesce anche a vincere più della metà dei punti sulla seconda, il suo tallone d’Achille. Era così iniziata una striscia positiva di undici vittorie contro Graf: solo altre due giocatrici hanno vinto otto partite contro Graf in carriera, Navratilova e Sanchez Vicario. Sabatini ci era riuscita nell’arco di venti mesi.

Con un po’ meno di generosità nei confronti delle altre avversarie, Sabatini avrebbe potuto issarsi fino alla posizione più alta in classifica. Il 1990 si era concluso con un passaggio nella storia, per quanto di esito negativo: dopo aver superato Graf nella semifinale dei Virginia Slims Championships, ancora una volta senza perdere un set, aveva perso in finale in cinque set contro Seles. Era la prima partita nell’era Open con cinque set giocati ed entrambe avevano onorato una sfida molto equilibrata in un formato inedito. Quando Seles si era presa il numero 1 nel 1991, anche Sabatini era molto vicina. Secondo le mie valutazioni Elo, le mancavano 40 punti per raggiungere Graf ad aprile e quindi il numero 1: più di un arrotondamento numerico, ma a distanza ravvicinata da una giocatrice che solo due anni prima aveva toccato alcune delle vette di rendimento più alte nella storia del gioco.

Sfortunatamente, da qui ritorniamo nella terra dei “quasi”. Nel 1991, Sabatini era arrivata per l’unica volta in finale a Wimbledon, senza perdere mai un set e naturalmente aveva trovato Graf dall’altra parte della rete. Sul 4-4 nel set decisivo, aveva ottenuto il break e servito per due volte per chiudere, arrivando a due punti dalla partita e non andando mai oltre, concedendo poi per 4-6 6-3 6-8. Dopo altre due vittorie sui campi amici in cemento di Key Biscayne e Amelia Island, Sabatini non aveva più battuto Graf. Nella semifinale di Wimbledon 1992, non c’era stata storia con un 6-3 6-3 senza appello. Sabatini era rimasta nelle prime cinque per un altro anno, ma negli ultimi 8 incontri con la rivale di sempre aveva racimolato solo due set.

Un altro quasi

Al Roland Garros 1993, Sabatini era avanti 6-1 5-1 contro Fernandez per un posto in semifinale, perdendo per 8-10 al terzo dopo aver sciupato cinque palle match. Dennis Ralston, il suo allenatore, aveva commentato così: “La scintilla si è spenta, e non è mai ritornata”. Da quel momento, prima di ritirarsi nel 1996 all’età di 26 anni aveva vinto solo altri due tornei.

L’eredità di Sabatini è carica del tipo di statistiche a cui ci si richiama quando una giocatrice non ha vinto Slam. È rimasta più di 500 settimane di fila tra le prime 10, valido per il quarto miglior posto dall’inizio delle classifiche ufficiali della WTA. Ha battuto la numero 1 al mondo 10 volte, più di qualsiasi altra giocatrice che non è mai riuscita ad arrivare in vetta. Sono quegli allori che rimangono sulla testa quando si ha avuto la sfortuna di presentarsi sulla scena mondiale accanto a Graf. “Quasi” è forse la parola più triste nello sport, ma non lasciamoci ingannare. Che Sabatini sia arrivata così vicina, e così spesso, in una delle epoche più competitive della storia del tennis femminile è una circostanza che merita un plauso più grande di quello che mai riceverà. ◼︎

The Tennis 128: No. 31, Gabriele Sabatini

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