Pubblicato il 25 marzo 2024 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
// Il 2024 si sta rivelando un anno speciale per Tomas Machac. Il ventitreenne della Repubblica Ceca ha infatti raggiunto per la prima volta il terzo turno di uno Slam in Australia, battendo in tre set Frances Tiafoe, ed è anche la sua prima vittoria contro un giocatore tra i primi 20. Con un quarto di finale a Marsiglia e la sconfitta di Stanislas Wawrinka a Indian Wells, si è issato tra i primi 60 del mondo. Al Miami Masters si è liberato di Andrey Rublev, prima vittoria contro uno dei primi 10, e di Andy Murray. Battendo al quarto turno Matteo Arnaldi, altra sorpresa della seconda settimana di torneo, è ufficialmente entrato nei primi 50 (uscendo però poi contro Jannik Sinner nei quarti di finale, n.d.t.). Se Jiri Lehecka, di un anno più giovane e con una classifica molto più alta, è il rappresentante della rinascita tennistica maschile della Repubblica Ceca, Machac gli è appena dietro.
La chiave del suo gioco è sicuramente un rovescio compatto e versatile con cui sembra in grado di ricorrere a qualsiasi soluzione. Nel tennis attuale, i rovesci a uscire sono poco più che una postilla, un miracolo di tempismo che in pochi si prendono la briga di provare. Machac ne colpisce uno su dieci e contro Rublev ne ha tirati cinque, con un vincente e due errori forzati dell’avversario, conquistando il punto tutte le volte. È un piacere osservare come si rendono concrete le tattiche che scaturiscono dal rovescio di Machac: siccome non ha un servizio potente, ogni punto rischia di diventare uno scambio. Sulla ricerca della posizione in campo, però, si comporta come un giocatore dai colpi penetranti. Solo nella partita contro Murray è andato a rete 35 volte. Se si contano anche quelle in cui è stato chiamato in avanti, ha giocato 48 punti in attacco, vincendone 38. Insieme a un servizio tagliato ad aprire il campo, il gioco a rete lo rende tanto una minaccia anche nel doppio. In coppia con Zhizhen Zhang è arrivato in semifinale in Australia e ha vinto il torneo di Marsiglia. Alle Olimpiadi di Parigi formerà un duo pericoloso con Katerina Siniakova, che è anche la sua ragazza.
Se si pensa di contro a ciò che può limitare la crescita di Machac, beh…viene in mente tutto il resto. Il dritto è un po’ claudicante e nemmeno lontanamente efficace come il rovescio. Secondo il mio indice Potenza del Dritto (Forehand Potency o FHP), il guadagno di punti da quel lato è marginale, e al livello di giocatori quali Adrian Mannarino e Mikael Ymer. Poi c’è il servizio. Pur in grado di tirare fortissimo — in Australia ha toccato i 206 km/h — raramente decide di avventurarsi per quella strada. La prima a Miami si è attestata intorno ai 180 km/h, e quindi fa ricorso al servizio tagliato a uscire, specialmente sul lato delle parità. Si salva sul totale degli ace grazie a un servizio di difficile lettura e alla sorpresa di qualche occasionale bomba al centro. Non si può dire che il servizio di Machac sia un problema, ma non è nemmeno quello standard di prima richiesto a una promessa che vuole emergere nel tennis moderno. Diamo uno sguardo più ravvicinato.
Inclinazione destrorsa
Oltre a tenere d’occhio il monitor delle velocità nelle partite a Miami, non possiedo molti dati per contestualizzare la potenza del servizio di Machac. Al momento, solo Wimbledon e gli US Open forniscono dati punto per punto sulla velocità del servizio, dove però Machac ha giocato in tutto due partite di tabellone principale. A Wimbledon 2023, la velocità media della prima è stata di 185 km/h, superiore a quella di circa un terzo degli altri giocatori in tabellone. Magari il radar era un po’ più accomodante, perché la maggior parte ha fatto meglio li che a New York e con un margine più ampio di quanto ci si aspetterebbe da tattiche più centrate sul servizio. Quando Machac ha giocato il primo turno degli US Open 2022, in media ha servito a 172 km/h, inferiore a quella di quattro quinti degli altri, e la gran parte di quelli più vicini a lui erano specialisti della terra. Si presume che si sia rafforzato da allora, e quindi se 185 km/h sono una stima per eccesso, 172 km/h è probabilmente comunque poco.
Sono numeri che confermano che il servizio non è più di tanto un impedimento. Nelle sue vicinanze troviamo giocatori come Casper Ruud, Tommy Paul e David Goffin. Carlos Alcaraz o Novak Djokovic non hanno servito in media con molta più velocità, eppure sono arrivati a disputare una finale epica. A Machac serve recuperare solo un po’ di distanza rispetto al resto del suo gioco, e Ruud è un esempio di come non sia una proposizione impossibile. A far sembrare così prosaico il servizio di Machac è la frequenza con cui serve tagliato esterno sul lato delle parità. Contro Murray lo per il 54% delle prime, rispetto a meno del 40% al centro e alla maggior parte delle restanti sempre sul dritto dell’avversario. Sul lato dei vantaggi è stato ancora più estremo, servendo il 61% delle prime al centro sul dritto di Murray.
Come per la maggior parte delle statistiche nel tennis, una suddivisione di 60/40 è abbastanza anomala, ma in pochi hanno una preferenza così marcata per una direzione, almeno fino a che non si trovano di fronte a una situazione critica come la palla break e si rifugiano nel loro angolo preferito. Machac cerca una via di mezzo mirando al rovescio avversario sulla seconda, per quanto con un margine leggermente inferiore. Ottiene però lo scopo: il divario tra i risultati sulla prima e sulla seconda è abbastanza simile alla media del circuito. Almeno sul lato delle parità la tattica funziona. Contro Murray, ha vinto 18 punti su 22 (l’82%) con il servizio a uscire, pur con esiti simili con il servizio al centro. Sempre sul lato delle parità, contro Rublev, ha vinto 13 su 14 prime a uscire. È chiara la scelta di non servire altrove quando è dal lato delle parità. Quando Murray si è ripreso il break per prolungare il terzo set, non è stato il servizio ad abbandonare Machac. Nelle due parità nel game, servendo al centro ha sbagliato ogni volta la prima. Sulla seconda a uscire le risposte sono state deboli, ma ha comunque perso il punto con un errore non forzato.
Lo svantaggio sul lato delle parità
Servire a uscire sul lato delle parità è un po’ una scommessa: si espone il fianco al dritto dell’avversario — probabilmente il colpo preferito — ma lo si porta fuori posizione. Però può funzionare. In pochi cercano così tanto il dritto come Rublev, eppure Machac lo ha attaccato a ogni possibile opportunità. Murray è stato più scaltro e ha gestito meglio la situazione, ma anche per lui la sfida era persa. Machac ha vinto l’80% dei punti sulla prima sul lato delle parità contro il 69% su quello dei vantaggi. Fino a qui, gli avversari si sono comportati più da Murray che da Rublev e in ogni caso l’azzardo del servizio al dritto funziona. Nelle situazioni in cui cerca la stessa direzione sul lato dei vantaggi, Machac non riesce a ottenere un vantaggio di posizione simile. Nelle dieci partite disponibili sul database del Match Charting Project, ha vinto il 78% dei punti sulla prima sul lato delle parità rispetto al 71% su quello dei vantaggi. La differenza è dovuta in larga parte a come Machac si comporta sul colpo +1. Sul lato delle parità, vince circa la metà dei punti sulla prima con il servizio o con il +1. Sul lato dei vantaggi, il numero diminuisce al 40%. Stare sul 50% è sinonimo di eccellenza: Djokovic raramente fa meglio e anche un giocatore di peso al servizio come Ugo Humbert non raggiunge quel livello. Ma il 40% significa guai. Solo i terraioli vincono così pochi punti totali sulla prima. Le possibilità di chiudere il punto con il secondo colpo si riducono quando il giocatore alla risposta sfrutta la minore velocità della seconda per portarsi a metà del campo.
Non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in un’equa ripartizione tra risultati positivi sul lato delle parità e su quello dei vantaggi. È probabile che la maggior parte dei giocatori preferisca vincere più punti in situazione di vantaggi, perché molte delle opportunità di break nascono da quel lato. Però l’effetto di conquistare più palle break è quasi sempre cancellato dalla possibilità di arrivare ad avere in prima battuta delle palle break. E comunque Machac non sembra a disagio nel salvare palle break, come contro Murray, perdendone solo 2 su 15. Nell’ultimo anno sul circuito maggiore ne ha salvate il 64.5% e ha vinto il 65.5% dei punti al servizio: è un margine più ravvicinato di quanto ottenuto da molti altri giocatori.
Più si approfondisce, più troviamo nel gioco di Machac debolezze e preferenze insolite, a quanto pare però distribuite in modo da funzionare a suo favore. Nonostante le stranezze, fino a qui in campo è stato efficace e le ottime prestazioni contro Rublev e Tiafoe suggeriscono che possa fare altrettanto bene anche di fronte ad avversari più forti. Dopo la maratona con Murray mi viene da pensare se sia in grado di resistere a un livello ancora più sofisticato. Nel tennis maschile, all’aumentare della potenza, si riduce lo spazio al vertice della piramide per stili di gioco poco ortodossi. Machac ha già fatto intendere che è in grado di controbilanciare la forza bruta con la giusta combinazione di angoli, specialmente se gli consentono di rilasciare il suo rovescio da fuoriclasse. Il connazionale Radek Stepanek è entrato nei primi dieci con la sua personale interpretazione di imprevedibilità: Machac ha un bagaglio diverso di peculiarità, ma stando al rapido progresso del 2024, potrebbe raggiungere lo stesso traguardo. ◼︎