Il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

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Differenze fra sessi nell’assegnazione delle penalità

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Pubblicato il 10 settembre 2018 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// Gli episodi arbitrali della finale femminile degli US Open 2018 sono diventati argomento scottante, a non voler esagerare con gli aggettivi. Molte delle lamentele sul trattamento ricevuto da Serena Williams si fondano sulla convinzione di un atteggiamento sessista da parte del giudice di sedia, Carlos Ramos.

Chiunque segua regolarmente il tennis ha certamente osservato giocatori e giocatrici comportarsi in un modo che può sembrare più offensivo di quello di Williams, e chiunque presti attenzione ha certamente visto innumerevoli violazioni alla regola del coaching (il tentativo di un allenatore o allenatrice di dare, fuori dal campo, suggerimenti tattici o tecnici al proprio giocatore o giocatrice in campo, n.d.t.) non subire penalizzazione.

Differenze di stili e discrezionalità

Ci sono alcuni aspetti su cui è facile trovarsi d’accordo. In primo luogo, non tutti gli arbitri hanno il medesimo stile. Ad esempio, Ramos è più severo di Mohamed Lahyani. In secondo luogo, agli arbitri è concesso margine di discrezionalità, per cui la stessa infrazione potrebbe ricevere nulla o differente sanzione a seconda della partita in cui si verifica. Da ultimo, gli arbitri cercano generalmente di evitare in tutti i modi penalità di gioco.

Molte partite presentano almeno un’avvertenza, sia essa per coaching, abuso della pallina o un’ampia varietà di altre casistiche, ma solo in un una percentuale ridotta di casi la situazione peggiora determinando la perdita di un punto o di un game. Anche i giocatori si muovono tipicamente con cautela: dopo aver ricevuto un’avvertenza, non si vedono racchette spaccate o palline lanciate fuori dallo stadio con la stessa frequenza.

Le differenze tra i vari arbitri e la discrezionalità sui cui possono fare leva all’interno delle regole permette con facilità di estrapolare una specifica chiamata ed etichettarla con sessismo, razzismo, favoritismo, appoggio del giocatore locale, disprezzo verso Roger Federer o Rafael Nadal, o semplice stupidità.

La rarità di un punto o un game di penalizzazione enfatizza l’impatto delle decisioni prese durante la finale femminile, visto che, con molteplici opzioni a disposizione, difficilmente un arbitro decide di innescare la bomba di un intero game di penalità.

Un po’ di numeri

I punti e, ancor di più, i game di penalità sono così rari da rendere impossibile trarre solide conclusioni. Analizziamo comunque i dati in nostro possesso. Per mia conoscenza, nessuna entità di governo del tennis – l’ATP, la WTA, l’ITF o la USTA – ha mai reso pubblici i dati sulle penalità, sui giocatori che le ricevono o sugli arbitri che le assegnano (e sarebbe il momento perfetto per farlo, ma non ho alcuna aspettativa al riguardo). In alternativa, si può utilizzare il sempre più abbondante campione di dati del Match Charting Project, che, solo dal 2010 in avanti, comprende più di 3500 partite.

Partite non casuali ma di primaria importanza

Quelli del Match Charting Project non sono dati casuali, perché riflettono in parte le preferenze personali dei volontari che raccolgono statistiche punto per punto. Vanno bene però per lo scopo di questo articolo: le partite del Match Charting Project infatti sono tra le più importanti, con un numero sproporzionato di finali e di giocatori di vertice coinvolti, tra cui 100 partite di Williams.

Fatte queste premesse, verifichiamo le penalità in partita dal 2010 a oggi, escludendo la finale femminile degli US Open 2018. L’ultima colonna della tabella, “P%”, è la percentuale di partite in cui una penalità è stata comminata.

Partite           Totale   Penalità   P%  
Donne (tutte)     1895     13         0.69%  
Donne (Slam)      490      6          1.22%  
Donne (finali)    228      2          0.88%
  
Uomini (tutte)    1689     16         0.95%  
Uomini (Slam)     234      6          2.56%  
Uomini (finali)   371      5          1.35%

I giocatori ricevono più penalità delle giocatrici in tre diversi confronti: tutte le partite del Match Charting Project, le partite degli Slam e le finali (non ho tenuto in considerazione i game di penalità perché non esistono praticamente dati al riguardo. In più di 3500 partite, solo una volta la situazione è degenerata da richiedere un game di penalità, cioè quando Grigor Dimitrov ha perso il controllo nella finale di Istanbul 2016). I numeri relativi agli Slam sono particolarmente significativi perché è l’unica categoria in cui la selezione del giudice di sedia avviene nello stesso gruppo. Per gli altri tornei, i due circuiti utilizzano arbitri diversi.

Né equità, né sessismo

Questi numeri non sono evidenza di equità di trattamento fra sessi, tantomeno determinano l’esistenza di sessismo nei confronti delle giocatrici o dei giocatori. A parte la quantità limitata di penalità, non conosciamo nulla sui motivi scatenanti o su occorrenze analoghe che non hanno invece dato luogo a una sanzione. È possibile che i giocatori siano in generale più aggressivi nei confronti degli arbitri, e dovrebbero quindi ricevere una volta e mezzo – o anche più – le penalità comminate alle giocatrici.

Non ne ho idea ed è probabile che non lo sappia nemmeno chi si è espresso sulla diatriba tra Williams e Ramos. In questo tipo di confronti al vetriolo l’aneddotica la fa da padrona. Per dirimere la questione una volta per tutte, si dovrebbe disporre uno studio in situazione di controllo, magari dando istruzioni a un gruppo di giocatori e giocatrici di criticare l’arbitro con le stesse dinamiche comportamentali e confrontare poi i risultati. Per quanto sia un’idea divertente, non vedrà mai realizzazione.

Conclusioni

Non intendo dire che le accuse di sessismo necessitino di una validazione statistica, perché naturalmente non è così. Ma nei casi in cui i dati sono disponibili, specialmente se in possesso di alcune delle stesse entità governative schierate dalla parte accusatoria, è un peccato che siano ignorati. Seppur limitate, le informazioni che arrivano dal Match Charting Project indicano che gli uomini ricevono penalità dal giudice di sedia più frequentemente delle donne.

La USTA, l’ITF, e la WTA potrebbero intervenire facendo definitiva chiarezza sulla controversia – cioè se gli arbitri applicano il regolamento mantenendo costante imparzialità o se esistono dinamiche di trattamento privilegiato nei confronti dei giocatori – con la pubblicazione dei dettagli di tutte le partite, tra cui il numero degli avvertimenti e delle penalità e le motivazioni da cui sono scaturite, oltre ai nomi degli arbitri. Altrimenti, purtroppo, ci aspettano altre settimane di protagonismo infondato. ◼︎

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