Il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

Probabilmente il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

I 128 del tennis — #93, Simona Halep

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Pubblicato il 26 aprile 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.

Simona Halep [ROU]
Data di nascita: 27 settembre 1991
Carriera: 2010-presente
Gioco: destro (rovescio a due mani)
Massima classifica WTA: 1 (9 ottobre 2017)
Massima valutazione Elo: 2178 (prima nel 2015)
Slam in singolo: 2
Titoli WTA in singolo: 23

// Ecco una statistica divertente per iniziare. Nel sommario dei dati del Match Charting Project, raggruppo i punti in quattro categorie: 1-3 colpi, 4-6 colpi, 7-9 colpi, 10+ colpi. Ci sono 133 giocatrici con almeno 20 partite nel database, spaziando praticamente da tutte quelle in attività degne di nota fino a quasi tutte le grandi di sempre dai tempi di Martina Navratilova e Chris Evert. Solo in cinque hanno vinto almeno il 52% dei punti nelle quattro categorie di lunghezza dello scambio.

Ashleigh Barty
Steffi Graf
Simona Halep
Justine Henin
Iga Swiatek

Serena Williams è sotto il 52% (anche sopra il 50%) nei due scambi più lunghi, Evert ha vinto meno della metà di quelli 1-3 colpi e Navratrilova solo il 40% dei 7-9 colpi (almeno nelle partite considerate, che per entrambe sono più rappresentative delle finali che hanno giocato contro). Non hanno molto in comune se non essere, per definizione, tutte delle professioniste eccezionalmente complete. Ashleigh Barty e Steffi Graf avevano un servizio di altissimo livello e il loro gioco da fondo era a volte sottovalutato appunto per via di quel servizio. Henin era forte in tutto. Halep e Iga Swiatek sono giocatrici da fondo di altra classe che sfruttano al massimo il servizio.

Nel 2014 Louisa Thomas ha scritto di Halep su Grantland: “È difensiva in attacco e offensiva in difesa. Non la si può più inquadrare in una sola categoria”. In quel momento della carriera, Halep non vinceva ancora molti scambi da 1-3 colpi. Il servizio, e il gioco che gli avrebbe costruito intorno, era ancora in divenire. E anche allora, l’etichetta di terraiola non la definiva totalmente. L’ascesa di Halep è una storia importante fatta di affinamenti progressivi e, nonostante siano passati otto anni, è ancora più difficile trovarle una collocazione.

Quando Halep è apparsa sul circuito maggiore per la prima volta, l’etichetta da terraiola era tra le massime aspirazioni. Aveva vinto il Roland Garros juniores nel 2008 e conquistato poi il numero 1 della classifica, ma nessuno pensava a lei come a una sicura promessa. Stilandone il profilo nell’agosto 2010, con Halep diciottenne, un collaboratore della WTA sembrava più colpito da Alexandra Dulgheru. È facile capire perché gli opinionisti avevano qualche riserva a considerare Halep una futura stella. Nel 2012 era ormai una veterana del circuito che però faticava a vincere metà delle partite. La sua terza finale di un torneo maggiore arriva a Bruxelles, dopo aver battuto Jelena Jankovic e Dominika Cibulkova. Contro Agnieszka Radwanska in finale gioca bene, ma perde 5-7 0-6.

Un servizio poco solido

Semplicemente, il servizio non era sufficientemente solido: nel 2012 aveva vinto meno del 53% dei punti, un punto percentuale in meno del 54% raggiunto nei due anni precedenti. A Bruxelles, Radwanska aveva vinto quasi due terzi dei punti sulle prime servite da Halep. Sempre quell’anno a Linz, per Victoria Azarenka era stato quasi un allenamento, vincendo il 66% dei punti alla risposta. Dopo quasi tre anni sul circuito, Halep aveva vinto meno della metà delle partite del tabellone principale, e anche sulla terra era andata di poco oltre il 50%. Con un’altezza di 170 cm, c’erano poche aspettative di sviluppo di un gioco più potente. Aveva finito la stagione 2012 al 47esimo posto della classifica, valido per un quarto posto tra le giocatrici con non più di ventuno anni. Serviva sognare parecchio a occhi aperti per immaginarla seguire le orme di Petra Kvitova e Caroline Wozniacki, già nelle prime 10 ma solo di un anno più grandi. Halep aveva ancora quattro mesi di frustrante sofferenza prima che tutto cambiasse.

Il 2013 iniziava portandosi dietro il 2012. Halep vinceva metà delle partite, raramente due di fila, con invece sconfitte a senso unico contro giocatrici che avrebbe dovuto raggiungere. Perde 6-3 6-1 contro Radwanska a Auckland, poi una dietro all’altra contro Sloane Stephens — che aveva una classifica superiore seppur più giovane di 18 mesi — a Hobart e agli Australian Open. Si presenta a Roma dopo due sconfitte sulla terra nei primi turni. Scesa al 64esimo posto, deve passare dalle qualificazioni, ma le affronta con grande scioltezza, per poi farsi largo tra un gruppo di stelle affermate. Inizia con una demolizione di Svetlana Kuznetsova con un doppio 6-1, vince, per la prima volta dopo quattro tentativi, in tre set contro la testa di serie numero 4 Radwanska, supera Roberta Vinci di fronte al pubblico locale e poi rimonta un set di svantaggio contro Jankovic nei quarti di finale, prima di perdere in semifinale da Serena.

L’ottima prestazione con cui emerge a Roma non si traduce però in altrettanti successi negli Slam, dove perde da Carla Suarez Navarro al primo turno del Roland Garros e da Li Na al secondo di Wimbledon, ma nel resto dei tornei continua il momento magico. Dopo Parigi, vince due titoli di fila a Norimberga e ’s-Hertogenbosch, quest’ultimo sull’erba, cui aggiunge poi Budapest, New Haven (vincendo contro Wozniacki e Kvitova) e Mosca. Conclude la stagione senza sconfitte nel Tournament of Champions a Sofia, battendo Ana Ivanovic e Samantha Stosur. Nei sei mesi da Roma a Sofia, Halep passa da specialista della terra ai margini del circuito a stella nascente appena fuori dalle prime 10. Scavalca Stephens per finire l’anno come la giocatrici con la classifica più alta tra quelle con meno di ventitré anni. La vittoria contro Radwanska sembra averla sbloccata anche mentalmente. Dopo la sconfitta per 1-6 2-6 alla prima partita, Halep ha pensato che non l’avrebbe mai battuta. Non solo ha smentito sé stessa, ma ha poi sconfitto quasi tutte le altre.

Aumenta l’aggressività negli scambi

La prima collaborazione con un allenatore di nome, Wim Fissette, è del 2014, mentre le vittorie del 2013 beneficiano della supervisione dell’allenatore rumeno Adrian Marcu. Halep riconosce di aver compiuto dei passi avanti grazie a una disposizione più rilassata in campo, quel tipo di luogo comune che spesso si sente dire, e in cui i giocatori credono pure, ma che non chiarisce molto. Le statistiche di Halep sono migliorate su tutta la linea, tra cui un salto di cinque punti percentuali dal 2012 nei punti vinti al servizio e in quelli alla risposta. Grazie i dati del Match Charting Project si nota come Halep abbia decisamente aumentato l’aggressività negli scambi durante la quarta stagione sul circuito.

L’indice di Offensività quantifica la frequenza con cui le giocatrici chiudono lo scambio (positivamente o negativamente) e la traduce in un numero compreso tra 100 (molto aggressivo) e -100 (molto passivo). Nella manciata di partite del 2012 nel database, l’indice di Offensività di Halep negli scambi è di -57. Wozniacki e Radwanska erano spesso più passive, ma in generale poche giocatrici di vertice lo sono. Nel 2013, Halep diventa più aggressiva e l’indice sale a -22, sempre sotto la media ma certamente un segnale di maggiori rischi nello scambio.

Con l’aiuto di Fissette, Halep comincia a lavorare da subito seriamente anche sul servizio. I numeri sulla prima migliorano, ma in termini di aggressività nello scambio non riesce mai a superare la propensione al rischio del 2013. L’indice rimane più o meno uguale nel 2014 (-24), per poi diminuire costantemente. Nel 2015 scende a -36, nel 2017 a -47 e nel 2019 ritorna al punto di partenza di -57. A quanto pare quindi Halep è in grado di vincere anche con uno stile più difensivo, ma solo dopo che il suo servizio è cresciuto. E i risultati ottenuti sul servizio da Halep, che ricordiamo è alta “solo” 170 cm, sono uno degli aspetti più rimarchevoli della sua carriera.

E vince più punti sulla prima

Circa un anno fa, un amico ha richiamato la mia attenzione su quello che Maria Sakkari stava facendo di speciale. In ogni stagione dal 2016 al 2021, ha aumentato la percentuale di punti vinti con la prima fino a più di dieci punti percentuali tra i due valori, dal 58.6% — peggiore dell’86% delle giocatrici — al 69.9%, migliore del 93% delle giocatrici. Non è riuscita a mantenere quel livello per tutto il 2021, ma comunque ha fatto meglio del 2020 e nel 2022 ha chiuso con il 68.6% (dato aggiornato alla traduzione, n.d.t.).

In poche sono riuscite ad avvicinarsi anche a qualcosa di simile alla recente progressione di Sakkari, e non stupisce che Halep sia tra quelle. Però, a differenza di Sakkari, la sua non è stata per passi incrementali. Nel 2012, ha vinto il 56.4% dei punti sulla prima, un numero talmente basso che difficilmente consente di rimanere sul circuito maggiore. Due anni dopo, con l’aiuto di Fissette, ha vinto il 66.4% dei punti sulla prima, una frequenza superiore a tre quarti delle colleghe. Come mostra la tabella, solo nove giocatrici in poco più dell’ultimo decennio hanno ottenuto un risultato del genere.

La colonna Percentile indica il confronto tra ogni percentuale di punti vinti sulla prima e quella del circuito femminile nella sua interezza. Il 66.4% di Halep nel 2014 è meno impressionante di quanto ottenuto da un paio di questi talenti di maturazione tardiva, ma il suo punto di partenza era il peggiore di tutte. E di questa élite, solo Aliaksandra Sasnovich ha fatto meglio così velocemente. Halep non è proprio riuscita a mantenere il 66%, ma il rendimento del 2015 è stato molto più in linea con il suo massimo in carriera di quanto non lo fosse rispetto ai precedenti minimi. Non è mai scesa sotto il 62.7% nell’intera stagione, e dal 2020 è rimasta sopra il 65%. E, all’età di trent’anni, ha stabilito il suo nuovo record con il 69.2%, un numero che la pone nella categoria di bombardiere ben più alte come Aryna Sabalenka e Clara Tauson.

Si è sempre tacciato Halep di non saper riuscire a chiudere le partite. Alla prima finale del Roland Garros nel 2014 ha perso al cardiopalma contro Maria Sharapova. Alla seconda finale nel 2017, era la super favorita contro Jelena Ostapenko, ma è crollata sul tre pari nel set decisivo. La terza finale Slam è ancora una sconfitta in tre set, questa volta contro Wozniacki agli Australian Open 2018. Altri esempi che non muovono a favore della sua reputazione: nel 2017 ha perso diverse partite — tra cui la finale di Parigi contro Ostapenko— in cui avrebbe potuto diventare la numero 1 del mondo. Ci è finalmente arrivata a ottobre 2017 e poi mantenuto la posizione nel tempo per un totale di 64 settimane, ma viene da pensare a tutte le opportunità mancate con cui avrebbe potuto accumulare un record ancora più impressionante. Non sfugge a questo proposito il terzo turno a Wimbledon 2018 contro Hsieh Su-Wei, con palla match non sfruttata e per sei volte a due punti dalla partita. O la sconfitta contro Kiki Bertens nella finale di Cincinnati 2018, anche qui con una palla match a favore. Non mancano poi gli imbarazzanti momenti in cui l’allenatore entra in campo quando Halep si auto punisce (“faccio davvero schifo”) per poi subire passivamente la sconfitta.

Halep avrebbe certamente beneficiato dell’assistenza di uno psicologo dello sport in una fase precedente del suo percorso. Nel 2010, in un’intervista le chiedono di usare una parola per descriversi e lei sceglie “nervosa”. Anche quando poi si decide a farsi seguire, il suo allenatore del periodo, Darren Cahill, non percepisce che Halep possieda la giusta motivazione. Eppure una diversa attitudine mentale avrebbe generato meraviglie, e probabilmente si sarebbe trovata molti gradini più avanti ne I 128 del tennis.

Il capolavoro a Wimbledon 2019

È anche possibile però peccare di eccesso di critica. Halep è diventata l’unica giocatrice a vincere uno Slam dopo aver perso le prime tre finali. Ha sprecato diverse occasioni per diventare numero 1, ma poi ci è riuscita, mostrando un bel tennis anche sotto quella pressione aggiuntiva. Ha continuato a perdere alcune partite che doveva vincere, ma dopo la sua esplosione solo un’altra volta ha perso sprecando una palla match.

La convinzione di meritare uno Slam e la vetta della classifica le hanno consentito di produrre una delle prestazioni più impressionanti dell’ultimo decennio. A Wimbledon 2019, la superficie più debole per Halep, il tabellone si apre alla vittoria di chiunque: Naomi Osaka, testa di serie numero 2, perde al primo turno, Ashleigh Barty, la numero 1, perde al quarto turno. Halep batte Azarenka e Cori Gauff, la giovanissima che sta dando scalpore con il suo tennis, si presenta in semifinale, senza aver giocato contro teste di serie, e supera agilmente Elina Svitolina per la finale contro Serena. Questa volta, la pressione non è su di lei, ma su Serena alla ricerca del suo 24esimo Slam. In dieci scontri diretti, Halep aveva perso nove volte, con l’unica vittoria nel girone delle Finali di stagione 2014 a Singapore. Dopo solo quattro giorni però Serena in finale si era presa la rivincita. Nessuno si aspettava che vincesse e l’ammirazione che Halep non ha mai nascosto per l’avversaria facevano pensare che le sarebbe andato bene assistere all’ennesimo record di Serena. Halep invece gioca la partita della vita, non dando mai la possibilità a Serena di trovare il proprio ritmo o di farle prendere in mano la situazione. Ottiene 14 vincenti a fronte di tre errori non forzati, salvando la sola palla break concessa. Vince 6-2 6-2 in 56 minuti, la finale Slam più a senso unico nella carriera di Serena.

Sempre difficile darle una categoria

Halep fatica nel resto dell’anno, ma si ripresenta carica per il 2020 e riesce a rimanere in forma nonostante i sei mesi d’interruzione per la pandemia. Si riprende il numero 2 del mondo e rimane tra le prime 3 fino a che, causa infortunio, esce dalle prime 10 a metà del 2021. Da trentenne, Halep può continuare a giocare a questi livelli finché la salute glielo permette. Con una lunga storia di infortuni e periodi lontano dal campo, le probabilità di un ritorno ai massimi vertici sono remote, ma la presenza di Patrick Moratoglou, ex allenatore di Serena, è un chiaro segnale che Halep ritiene di avere ancora del grande tennis da mostrare. I risultati del 2022 ne sono una conferma, con la vittoria a Toronto e le semifinali a Wimbledon, Indian Wells e Dubai (dati aggiornati alla traduzione, n.d.t.).

Continua a essere difficile trovarle una collocazione: il servizio si è trasformato in un arma vincente ma è riemerso il ruolo di ribattitrice da fondo. Il New Yorker l’ha definita “l’idea di nessuno di giocatrice sull’erba”, ma ha vinto Wimbledon. Nota anche un po’ per cedere nei momenti di pressione, è salita al vertice dello sport. Solo una decina di anni fa, la maggior parte dei frequentatori del mondo tennistico pensava che Halep non avrebbe combinato granché: le carriere però non devono necessariamente avere senso. “Aggressiva da fondo”, “offensiva in difesa” o “difensiva in attacco”, Halep ha contribuito a marchiare un’epoca in cui in poche sono riuscite come lei a stare in cima così a lungo. ◼︎

The Tennis 128: No. 93, Simona Halep

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